Le grandi spese per il refettorio della SS. Annunziata e la vendita di parte della piazza
Nel 2008 scrivevo nel periodico del Santuario l’articolo Il refettorio (1386-90) e l’accatto perseverante di fra Stefano Benucci. Diceva:
“Nella seconda metà del Trecento i Padri della SS. Annunziata furono impegnati nei lavori dell’ampliamento della chiesa e del convento. Anche il grandioso refettorio risale a questo periodo, ed è considerato il terzo dalle origini del convento. Lo vediamo oggi nella sua imponente architettura, e ancora in esso i religiosi si riuniscono per il tempo comune della refezione.
Nel pensiero immediato di un ospite, il refettorio assomiglia quasi a una chiesa e alle pareti gli affreschi ricordano il cibo spirituale: La cena a casa del Fariseo di Santi di Tito, occasione per parlare di pentimento e di omaggio al Signore, La pesca miracolosa, la Samaritana al pozzo del Ferretti e l’acqua vera e viva del Salvatore ... Nella suggestione di refettorio-chiesa vi è una parte di verità, poiché nella spiritualità dei Servi il refettorio e la refezione furono intesi come un luogo e momento di grande importanza, fino dalle origini.
Ecco un perché che può spiegare una costruzione tanto grandiosa, una fabbrica importante che all’epoca fu affidata a un frate importante: fra Stefano Benucci. Nei registri del tempo viene detto operaio del convento, cioè responsabile di tutte le murature, che finanziava tramite l’accatto. Questa era una consuetudine fiorentina e si basava sulla ricerca di fondi tramite prestiti da restituire e donazioni a fondo perduto, cioè elemosine.
Originario di Firenze, fra Stefano era entrato fra i Servi di Maria in un’epoca vicina alla metà del secolo. Nel 1358 aveva detto la sua prima messa. Dal 1366 al 1369 si era occupato delle spese della casa, alle quali erano destinate le entrate della cappella della SS. Annunziata (“denari reputati per lo murare ...”). Nel 1379 aveva contribuito all’accatto per la costruzione dell’organo del convento da parte del musico fra Andrea di Giovanni, per volontà del p. generale maestro Antonio Mannucci. Dal 1386 al 1390 fra Stefano si era occupato proprio del refettorio, fabbrica costosissima, nella quale aveva messo tutto il suo impegno (v. registro 684 dell’A.S.F., 1386-1394).
In questi anni ricevette, quasi come se fosse stato un pozzo senza fondo, metà entrate della procureria, poi metà entrate della cappella della SS. Annunziata, e, per fare degli esempi, varie volte la pigione della società della Disciplina di San Lorenzo, ospitata in foresteria, metà dei denari di fra Bartolo da Moriano deceduto, l’elemosina del Comune (1387) ... e tante altre offerte variamente descritte.
Tra 1389 e 1391, per far fronte ai debiti, fu venduta ai privati una porzione della piazza di fronte al santuario, dalla parte di San Niccolò (oggi conservatorio musicale) con il consenso del capitolo dei padri e del p. generale, come era l’uso. Forse era quella stessa porzione che nel 1364 fra Stefano e il convento avevano acquistato proprio dalle monache di San Niccolò. Al termine dei lavori, la vista del refettorio, che tanto era costato in fatica e denaro, dovette provocare negli astanti una gran meraviglia, come accade oggi ... e forse di più.
Il nostro frate fu anche usufruttuario di una casa sulla Piazza detta proprio di fra Stefano Benucci e fece fare per il Capitolo una croce d’argento che si ruppe nel 1402. Morì di peste (gavacciolo) nel 1400, a Ragginopoli, un luogo solitario presso Poppi nel Casentino. Era in viaggio probabilmente per un affare presso la curia del p. Generale. Venne assistito da un compagno che ne riportò il cadavere a Firenze sopra un mulo. Questo fatto poco consueto testimonia forse la richiesta di tornare a casa fatta in fin di vita e il ‘’privilegio’’ ottenuto per misericordia e a ricompensa di tanti faticosi accatti per rendere bella la SS. Annunziata”.
A questo articolo ora aggiungo una trascrizione presa dal registro 684 a ricordo proprio della vendita di parte della piazza avvenuta nel luglio 1389:
“Questi sono e danari e quali frate Stephano Benucci ricevette come uficiale del convento e danari sotto scritti della vendita di parte della nostra piazza verso el munistero di Sancto Niccholò a’ sotto scritti huomini cioè.
In primamente ricevette a dì uno di luglio nel mccclxxxviiii da Bartolo della Lastra per venticinque braccia del decto terreno per lunghezza per fiorino uno e braccio montò fiorini venticinque d’oro valseno per lire tre e soldi quindici l’uno ll. lxxxxiii s. xv.
Item ricevette decto dì da Nofri di ser Parente per braccia ventidue del detto terreno allato al detto Bartolo nel sopra detto modo fiorini ventidue valseno per lire tre e soldi quindici l’uno somma ll. lxxxii s. x.
Item ricevette detto da ser Giovanni Lapini per braccia ventiquattro del decto terreno allato al decto Nofri fiorini ventiquattro valseno alla ragione di sopra ll. lxxxx.
Item ricevette a dì cinque del detto mese dalle rede di Nerone di Nigi per trenta quattro braccia del decto terreno allato al detto ser Giovanni fiorini trenta quattro d’oro valseno alla ragione di sopra ll. cxxvii s. x.
Item ricevette dì detto da Michele di ser Parente per venticinque braccia del detto terreno allato a’ soprascripti fiorini venticinque valseno ll. lxxxxiii s. xv.
Item ricevette detto dì d’Andrea d’Angeni maestro per braccia dodici del detto terreno allato al detto Michele fiorni dodici valseno ll. xxxxv.
Sommano in tutto fiorini cento quaranta due racandogli a lire sommano ll. cccccxxxii s. x.
La quale vendita fu fatta di licentia del padre generale e di volontà di tutti e frati del convento ragunati a capitolo secondo l’usanza funne fatto carte per mano di ser Marcho Baroncini, furono e venditori e sindachi del convento, come appare nelle dette carte”.
Paola Ircani Menichini, 28 ottobre 2022.
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